di Agata Tuszynska

traduzione dal polacco di Margot Carlier (nella raccolta I discepoli di Schulz pubblicato dalle Éditions Noir sur Blanc, 2001)

drammaturgia, regia, video, scenografia Maria Cristina Mastrangeli

interpretazione Anna Romano et Fabrice Scott

intervento scenografico Daniel Van de Velde

composizione musicale Sandro Stellin

design luci Serge Derouault

coproduzione video Pidigin (Italia)

col sostegno di: DRAC Île-de-France, Thécif (ARCADI), Municipio di Montreuil, LICRA (Lega Internazionale Contro il Razzismo e l’Antisemitismo), Fondazione del Giudaismo Francese, Istituto di Cultura Polacco di Parigi

Le garçon de la photographie è stato creato al teatro Le Colombier di Bagnolet, periferia di Parigi, nel maggio 2002. È stato poi rappresentato in varie città della periferia parigina: al Théâtre Berthelot di Montreuil, al teatro Hublot di Colombes, alla Salle des Fêtes di Romainville nell’ambito della Giornata europea per la Commemorazione della Shoah e in Svizzera al Théâtre Populaire Romand. Nel 2003 une presentazione in italiano, con la stessa distribuzione, è stata data al Teatro Kismet di Bari.


A In parallelo allo spettacolo Le garçon de la photographie, degli interventi pedagogici sono stati messi in opera nel 2002 in sei licei e scuole medie della periferia parigina. Da un’azione socioculturale con gli abitanti di Colombes, sempre nella periferia di Parigi, è nato il documentario Qui suis-je (Chi sono io?), corollario evidente del lavoro scenico. Il film è stato proiettato nel maggio 2003 nel teatro l’Avant-Seine di Colombes.

“Il ragazzino della fotografia ha i capelli neri, spessi, con la riga sulla sinistra. Il ragazzino della fotografia ha le guance paffute e una bocca graziosa, ben disegnata e un po’ imbronciata. Il ragazzino della fotografia ha dei grandi occhi neri. Col suo sguardo temerario, fissa dritto lo spazio davanti a sé, senza abbassare lo sguardo.
Il ragazzino della fotografia porta l’uniforme della Hitlerjugend.
Il ragazzino della fotografia è ebreo.”

“- Non siete venuti al mondo per morire.
Tu devi vivere.
Sono le ultime parole di mia madre:
– Tu devi vivere.”

Descrittivo dello spettacolo

Sul fondo scena: tre pannelli grigi traslucidi. Al centro del palcoscenico: una rozza struttura metallica porta un piano inclinato di plexiglas. Alla verticale della parte praticabile del plexiglas: un tronco d’albero svuotato pronto per essere dondolato secondo gli imprevisti del racconto e della perdita di stabilità del personaggio. Su un grande schermo televisivo, decentrato, scorre il video Identity, che rende visibili per lo spettatore le immagini della memoria del personaggio. A sinistra e a destra due microfoni che scendono dall’alto. La scenografia è concepita come un’istallazione d’arte contemporanea. Lo spettacolo è l’evento che ha luogo nell’istallazione.

La storia

Per sopravvivere, un ragazzo ebreo s’inventa l’identità di un ragazzo ariano: l’ebreo Shlomo diventa Jup, Volksdeutsch per necessità e nazista esemplare.
Ebreo e nazista, giovane comunista per un breve momento, “il ragazzino della fotografia” è un paradosso storico che racconta la tragedia del nostro secolo. È la confessione diretta di una vittima che si nascose tra i suoi carnefici e finisce per identificarsi con loro. Il testo trasmette la gioia di vivere dell’adolescente d’allora, interroga la responsabilità civile più che il senso di colpa dell’adulto.
Eppure, il sollievo di aver detto tutto, farà nascere delle nuove ombre che non si dissiperanno.

Presentato come una finzione, Le garçon de la photographie nasconde il vero destino di un uomo: Salomon Perieli. L’assenza di ogni giudizio morale ci obbliga a prendere posizione. La narrazione formula domande e schizza visioni che ci riguardano oggi. La comprensione storica e personale ne escono maturate.

Il testo teatrale

Come per i precedenti lavori di Octogone, un testo non destinato alla scena è utilizzato quale materia teatrale. Il linguaggio di Tuszynska non è stato adattato, poiché contiene già una sua forza scenica. I due attori compongono un duetto verbale tra terza e prima persona, tra identificazione e distanziazione. Sul testo originale sono operati degli innesti a partire dalla domanda chiave “chi sono io?”, che posizionano l’attore in quanto persona di fronte alle sue responsabilità personali e civiche e attraverso di lui interrogano lo spettatore. Due sequenze del video riguardano questi interrogativi personali, per non autocensurarci dei paralleli possibili con l’attualità.



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