testo pubblicato dalle edizioni Quartett, 2007
regia Maria Cristina Mastrangeli
attore Richard Sammel
composizione musicale Gualtiero Dazzi
design luci Marie-Laure Hautran
Anno 2000. L’estrema destra vince le elezioni e prende il potere in Austria. Al Théâtre de la Tempête, Les Rencontres à la Cartoucherie di Parigi, come ogni inizio estate all’epoca, tentano di stilare un quadro dell’attualità politica del mondo. Su iniziativa di Heinz Schwarzinger (Henri Christophe) un bando di scrittura è lanciato. Un comitato di lettura si forma, Maria Cristina Mastrangeli ne fa parte. L’incontro con la scrittura di Philippe Malone è folgorante.
Il monologo nasce nell’ambito dell’azione contro la coalizione di governo in Austria, al Théâtre de la Tempête, Cartoucherie di Parigi ed è ripreso alla Guillotine di Montreuil, spazio indipendente nella periferia di Parigi.
Il nuovo uomo forte si prepara, beffardo e fiero, al suo primo discorso pubblico.
Stralcio del testo
Fu così semplice.
Già da lungo tempo ci frequentavamo. Quando ero solo un debuttante ricordo ancora, la mia mimica febbrile, i miei eccessi burrascosi fecero sì che pochi scommettessero sulla mia carriera politica. Troppo pronto alla reazione si diceva, assoluta mancanza di riflessione, le mie stoccate maldestre sporcavano di macchie sozze la monocromia di toni cara all’epoca. Cosicché maldicevano, cosicché mi beffavano, mi offrivano dei palchi per potersi estasiare, dio mio, ero così comico ero così pimpante, la mia presenza allora divertiva i dibattiti, eccitava le corti stanche la sera nei palazzi con delle brusche sfuriate nelle trasmissioni televisive, permetteva ai vecchi lupi di levigarsi il sorriso con infime carezze delle lingue sulle loro zanne logore.
Ma era l’inizio
Ma era all’aurora
Ma era mal conoscere il furore del torrente poco crucciato delle acque brune che la sua corrente trasporta.
Lo stupore e la paura furono il terreno propizio al mio fascino – Medusa dal fascino glabro – e potei infiltrarmi attraverso esili feritoie, servono a questo, indispettire la sonnolenza di un’epoca sfiancata dalle mie apparizioni forti, dal bagliore menzognero di un estro accattivante. Il mio nome dapprima respinto, si è poco a poco ammansito, ha percorso il cammino delle onde fino a ondulare lui stesso, ha consolato i timpani attenti, umettato la secchezza delle labbra per crescere nelle conversazioni molli, dolcemente, si è affiancato alle mute fatiche nei salotti tirati a lucido. I miei ritornelli invasero i terreni abbandonati dei loro pensieri, s’insinuarono fin nei ventri, fin nella fede, riscaldata per un attimo dal mio alito rumoroso, resa sorda, a dir il vero, dall’eco persistente che la mia voce provocava.
Fu semplice, oggi posso confessarlo. (…)