L’Inverno della Cicala (L’Hiver de la Cigale)
di Pietro Pizzuti
Edito da Lansman Editeur

L'Hiver de la Cigale - visuel
l'Hiver de la cigale
l'Hiver de la cigale
l'Hiver de la cigale
l'Hiver de la cigale
l'Hiver de la cigale
l'Hiver de la cigale
regia Maria Cristina Mastrangeli
con Elsa Bosc (Nathalie) e Maria Cristina Mastrangeli (Laura)

e la voce di Armand Gatti

canzone originale Burning Lies Andrea Galeazzi
cantata da Ruppert Pupkin

design luci Jean-Pierre Michel
scenografia Boris Dambly

prima francese a Artéphile nell’ambito del Festival Off d’Avignone 2017
creazione in italiano in preparazione: traduzione dal francese e adattamento Maria Cristina Mastrangeli, con Antonella Stefanucci nel ruolo di Nathalie

«La pace? Ma quale pace? Non abbiamo nessuna predisposizione per la pace. Sappiamo solo mantenerla. Come manteniamo in gabbia una belva feroce.»

Il crudele scontro-incontro tra due donne disegna un giallo minimalista dalla suspense accattivante.
L’Inverno della Cicala interroga, politicamente, la legittimità della lotta armata contro un potere malvagio e, nel privato, la memoria degli avi.

note di drammaturgia e regia:
La scrittura di Pietro Pizzuti è lineare e i dialoghi serrati ed efficaci.
C’è unità di luogo: il parlatorio della prigione dove Laura Welter – accusata di un omicidio per il quale rivendica il movente politico – è detenuta e dove Nathalie Franchi – avvocatessa specialista della Convenzione dei Diritti Umani – le rende visita per prepararne la difesa.
La suspense legata alla ricostruzione dei fatti è resa più intensa dalla scoperta, distillata durante la prima parte della pièce, dell’identità delle due protagoniste: rispettivamente figlie del boia e del martire di una dittatura.
Il ruolo dell’una e dell’altra non è quello che ci si potrebbe aspettare.
Il filo rosso delle creazioni di Octogone è il rapporto tra memoria della Storia e memoria individuale. Da dove veniamo. Cosa fonda la nostra identità. Nei miei precedenti spettacoli, ho esplorato questa vasta tematica in relazione alla memoria della Shoah (L’era del testimone, Il ragazzino della fotografia), delle migrazioni (Quelques mots pour dire d’où je viens), del lignaggio matriarcale (Ridere).
L’Hiver de la Cigale approccia la problematica memoriale dell’eredità dei padri. Ho esplorato questo asse, inedito per Octogone, e interrogato una mia mancanza sia intima che intellettuale. Mi è quindi indispensabile, in questo caso, essere presente anche in scena.
Momento chiave nella conclusione della storia è l’ascolto della voce del dittatore assassinato. Ma ha parlare è il padre amorevole, più che il mostro politico. Eppure, sono le sue parole a rendere ineluttabile il passaggio all’atto della parricida. Cercavo una voce “significante”. Per questa duplice ricerca di senso – legata da un lato alla memoria/eredità dei padri e dall’altra all’opposizione terrorismo/resistenza – avere la voce d’Armand Gatti (26.01.1924 – 06.04.2017) per incarnare quella del dittatore, è ciò che si avvicina al meglio alla mia visione. Gatti non era solo il giovane resistente, paracadutista del Generale de Gaulle e l’autore anarchico e fuori dagli schemi, ma anche il primo ad avermi accolta, appena arrivata in Francia, in residenza di creazione nella sua Maison de l’Arbre nella periferia parigina. È un padre spirituale. Questo spettacolo è dedicato alla sua memoria.
La ricerca drammaturgica s’è anche avvalsa del saggio Dans la main droite de Dieu di Gérard Haddad. L’analisi di Haddad indica i meccanismi che permettono al terrorismo di emergere. Che la matrice sia politica, religiosa o etnica, i meccanismi che portano al fanatismo, non cambiano e attraversano, purtroppo, le epoche. Le attitudini per combattere il terrorismo prima che si manifesti, sono anch’esse trasversali.

Maria Cristina Mastrangeli

stampa Avignone 2017

Straordinarie nell’interpretazione le due attrici danno una certa dimensione alla storia. (…) In prima linea, emozionato, sorpreso e curioso di scoprire i meccanismi dell’intrigo che si svelano come in un thriller, il pubblico resta attentissimo fino alla fine.
Jean-Dominique Rega, Vaucluse Matin

Con grande presenza, audacia e verità Elsa Bosc & Maria Cristina Mastrangeli ci trasportano in questo noir minimalista dal suspense avvincente. Il testo non privo di bellezza e ritmo è sublimato dalla regia efficace della stessa Maria Cristina. Una cassa, un bancone e delle luci fredde sono sufficienti ad ancorarci in questa cella di prigione ostile, in questo mondo feroce.
Judith Caceres, France Bleu Vaucluse

La regia è di una grande sobrietà e sottolinea l’intensità del confronto. L’emozione affiora nello stesso tempo che i ricordi (…) Maria Cristina Mastrangeli e Elsa Bosc sono perfette nella loro intensità così come nel loro ritegno.
Il testo di Pietro Pizzuti che alterna evocazioni del passato e momenti presenti è perfettamente sostenuto dalla scenografia che ha previsto delle specie di cabine illuminate dall’interno per interpretare i momenti del passato.
Chris Bourgue, Zibeline

L’autore, Pietro Pizzuti, è stato insignito a più riprese del Premio del Teatro e della Critica in Belgio. Questo suo testo è solido, potente, servito da due attrici eccezionali la cui arte della tragedia non può lasciare nessuno indifferente. Mi hanno infinitamente emozionato. Grazie a loro.
Da vedere assolutamente.
PierrePatrick, RegArts

(…) il dialogo vivo e intimo dei due personaggi si svolge durante i loro incontri successivi ben ritmati da cambi scena rapidi ed efficaci della scenografia e da respirazioni musicali brevi e dinamiche, molto rock.
Maria Cristina Mastrangeli, che ha diretto e interpreta il ruolo dell’accusata, è di una verità estrema (…) la problematica del ruolo che si deve avere nel mondo, la problematica della colpevolezza la problematica dell’atto da compiere per realizzare se stessi, per essere in accordo con ciò in cui si crede, e anche la problematica dell’eredità paterna, tutte queste domande girano e riempiono lo spazio del teatro, e girano in testa molto a lungo dopo la fine dello spettacolo.
Bruno Fougnies, La revue du spectacle

Molteplici poste in gioco che la regia di Maria Cristina Mastrangeli riesce a ben valorizzare, tra parlatorio e cella, tra ricordi personali e atti politici.
Walter Géhin, PLUSDEOFF

produzione Octogone, laboratoire de création théâtrale (FR)
coproduzione FORTeRESse asbl (BE) / Teatro del Loto, teatro d’Innovazione del Molise (IT)
mecenati STUDIOS VOA
con il sostegno del programma Europe créative dell’Unione Europea – EU Collective Plays!
e della Maison des métallos / Le Tarmac – la scène internationale francophone / la Maison de l’Arbre – La Parole Errante / Artéphile

Dossier in PDF